lunedì 23 novembre 2015

DSA: quanto stimolare le abilità e quanto compensarle?




La scelta di questo argomento viene, come sempre d'altronde, dalla mia esperienza diretta sul campo. Mi rendo conto infatti di quanto la semplice definizione di "strumenti compensativi" presa e messa lì non sia sufficiente nella realtà di tutti i giorni nè agli insegnanti nè ai genitori. 
Tanto per cominciare, ciò che molto spesso mi sento domandare è "gliela diamo la calcolatrice o insistiamo ancora un pò senza?", con tutte le perplessità relative: "se gli diamo la tavola pitagorica poi non è più stimolato a imparare le tabelline".
Bene, vediamo se riesco a chiarirvi un pò le idee nel modo più pratico possibile..

Intanto cosa sono questi strumenti?
Si tratta di strategie che, se personalizzate e apprese in modo più funzionale ed efficace per il singolo individuo, possono contribuire al raggiungimento di una maggiore autonomia scolastica, che spesso è minata dalle difficoltà specifiche presenti. In altre parole, sono ausili più o meno tecnologici che facilitano o sostituiscono l'abilità deficitaria.

Questo non vuol dire che danno qualcosa in più rispetto agli altri, ma che semplicemente mettono al pari degli altri. 
Se consideriamo il bambino che ha bisogno degli occhiali per vedere bene la lavagna, tutti sarete d'accordo con me nel dire che non ha qualcosa in più rispetto a quelli che non li portano, gli servono solo per vedere bene quanto loro. Lo stesso per i dislessici: la sintesi vocale permette una lettura più agevole del testo ma non suggerisce di certo le risposte alle domande della comprensione del testo, così come la tavola pitagorica non dà le soluzioni necessarie a risolvere un problema. 
In definitiva, così come per i non-dislessici non è una fatica leggere o recuperare operazioni del tipo 2+3, non deve esserlo nemmeno per i dislessici.

Ma veniamo al dunque: spesso le mamme o le insegnanti sono preoccupate dal fatto che fornendo gli ausili il bambino non sia più stimolato a fare/apprendere. Non è così! 
Sarà più facile entrare nel meccanismo se allarghiamo un pò gli orizzonti della "vecchia didattica" per cui se non si ripete non si impara..
Se ci pensate bene usare la tavola pitagorica, ad esempio, presuppone che ogni volta che essa venga consultata si acceda al risultato, che quindi viene riproposto più volte al bambino. Stessa cosa per la sintesi vocale, che se ben utilizzata espone il bambino non solo all'ascolto della voce del computer ma anche a seguire il testo con gli occhi: questo la rende una "lettura attiva" piuttosto che "un ascolto passivo", che quindi non corrisponde assolutamente ad un abbandono dell'esercizio.

D'altro canto, soprattutto nei primi gradini scolastici, rimango anche favorevole a stimolare le abilità, perchè si arrivi al massimo livello di sviluppo del potenziale presente. 
(*questo non vuol dire non concedere il diritto all'utilizzo dello strumento, che deve essere sempre garantito qualora stabilito dalla diagnosi e dal PDP relativo)

Quindi, quanto compensare e quanto stimolare?
Io suggerisco sempre dei compromessi in base all'obiettivo che si vuol raggiungere. 
Ad esempio, se nella didattica siamo al momento della presentazione delle tabelline, si potrà cercare di farle memorizzare il più possibile e laddove non si arrivi interverrà lo strumento. Se però andando avanti l'obiettivo diventa più grande, come l'esecuzione di una moltiplicazione a due cifre (che presuppone molte procedure anch'esse molto complesse: la direzionalità, i riporti, lo zero quando si moltiplica la 2° cifra del moltiplicatore, le somme, ecc), o la risoluzione di un problema (anche questo ha le sue difficoltà: riflettere sull'operazione giusta, individuare i dati, ecc), c'è da chiedersi: mi interessa che rimanga ancora a "stressarsi" sul recupero di tabelline o che sappia affrontare l'operazione in generale per risolvere un problema? 

In conclusione, se state lavorando per un obiettivo che include quello precedente, probabilmente non sarà più funzionale (ma solo frustrante!!!!!) far pesare le difficoltà residue e continuare a pretendere per forza un miglioramento delle stesse.






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